Il docente di sceneggiatura del Master in cinema e televisione, Andrea Garello, si fa raccontare, volta a volta, i soggetti e le prime fasi di sceneggiatura realizzati dagli allievi. E questa volta Garello vuole che gli allievi imparino a passare, in particolare, dal “secondo atto” del proprio film al “terzo atto”. “Attenzione – ricorda innanzitutto il docente/sceneggiatore –, il secondo atto è il cuore del film, e se non troviamo, proprio in questa fase del film, una progressione di avvenimenti che ci portano a una svolta narrativa decisiva, annoiamo lo spettatore. Qui consiglio sempre di mettere i protagonisti in situazioni difficili, in modo da mostrarne il carattere attraverso le decisioni prese”.

Esistono efficaci espedienti narrativi? “Sì – dice lo sceneggiatore di ‘Smetto quando voglio’ – non sono nient’altro che trucchi utili per arrivare a uno scopo. Un tipico espediente narrativo è il flash-back, utile per l’appunto solo se ha una funzione narrativa fondamentale per la vicenda principale del protagonista, quella cioè su cui si dovrà reggere tutto il film”.

8b22c6a3-c8e9-408c-b74e-9affa180666fVeniamo dunque al terzo atto di un film. “Questo – spiega Garello – è quasi sempre il più semplice dei tre, perché chiude un cerchio. E’ il raccolto della semina avvenuta nel primo e nel secondo atto. Spesso, però, si incappa in errori piuttosto comuni: un errore tipico è quello di inserire due o tre finali, come Cristopher Nolan nel ‘Cavaliere oscuro’ (copertina dell’articolo) : dopo l’incerta vittoria di Batman sul criminale ‘Joker’, il film deve prolungarsi ancora per poter sapere come si concluda la ‘sotto-trama’ che riguarda il personaggio dell’altro criminale detto ‘Due Facce’: e tutto questo tende ad annoiare lo spettatore. Basterebbe chiudere i sub-plot prima della chiusura della trama principale e non viceversa, o addirittura sfruttando le sotto-trame per creare un finale totalmente ribaltato e straniante, come quello di ‘Divorzio all’italiana’ di Pietro Germi”. Il terzo atto? “Comincia nel momento in cui le difficoltà incontrate dal protagonista nel secondo atto giungono a un punto parossistico, che possiamo senz’altro definire ‘punto di morte’: il protagonista affronta in quel momento le sue paure più profonde, si trova faccia a faccia con quel proprio punto debole che gli sceneggiatori americani chiamano il ‘fatal flow’”.

La buona riuscita del terzo atto – spiega Garello – “è dimostrata dalla capacità dello sceneggiatore di mantenere il focus sulla trama principale, di mostrare personaggi costretti a superare le proprie incertezze e, soprattutto, di non facilitare troppo le cose al protagonista. Per esempio, in un film del genere ‘action’ sarebbe sconsigliato risolvere i vari conflitti con l’espediente dei suicidi nemici, cioè enormi errori strategici da parte degli antagonisti. Una buona storia è caratterizzata invece da un enorme ‘payoff’, cioè la posta in palio, ciò che tiene lo spettatore incollato allo schermo”. A proposito di payoff e di promesse allo spettatore, Garello è drastico: “Non tradite mai le promesse che fate allo spettatore. Siate sempre coerenti con ciò che scrivete. Come? Utilizzando le vostre esperienze personali per trasformale nelle scelte che il protagonista farà. Solo così potrete rendere tutto più credibile e tutto più coerente”.

Paolo Torino - Immacolata Petricciuoli