“Tutto quello che scriviamo ha una funzione”. Per Andrea Garello non si lascia niente al caso, la scrittura è una cosa seria: “A me interessa che voi capiate che per fare cinema dovete fare i salti mortali”, dice ai giovani studenti del Master in Cinema e Televisione. La lettura dei soggetti scritti dai ragazzi diventa l’occasione per ribadire un problema di fondo di chi fa cinema, quello dell’atteggiamento.

garelloIl punto, infatti, non è solo quello di conoscere al meglio le regole della scrittura ma il saper immergersi in ciò che si racconta, immedesimandosi tanto nei personaggi della storia quanto nello spettatore. La chiarezza d’intenti è ciò che Garello spesso consiglia ai suoi studenti: “Di che cosa parla questa storia? Perché può interessare il pubblico?”. E’ dunque necessario non perdere il tema centrale attorno al quale ruotano le vicende e non essere prolissi già a partire dal soggetto: “Le grandi cose si possono dire in una pagina”, ci ricorda lo sceneggiatore. La narrazione non deve disperdersi, tutto deve stare al proprio posto con coerenza: “Perché scriviamo una scena? Perché questa porti avanti la narrazione, altrimenti quella scena non serve”. Ne consegue che: “La casualità depotenzia la dinamica della storia. Dietro al caso dovrebbe esserci un’abitudine, una motivazione psicologica. Anche gli eventuali sub-plot dovranno sempre rientrare nel plot”. Questo ruolo attivo dell’autore si riflette nel “protagonista, che non deve mai essere agito altrimenti non è un vero protagonista”.

Cos’è, però, che motiva il protagonista? Per Garello è la “posta in gioco”. Il protagonista deve cioè trovarsi di fronte a una o più scelte, assumendo su di sé tutte le eventuali responsabilità: “I cattivi sono spesso più interessanti dei buoni ma questi ultimi, per essere tali, devono portarsi tutto il peso della storia sulle spalle”. Ecco allora che anche per il protagonista della storia il problema è la chiarezza d’intenti, proprio come per il suo creatore: sapere cosa si sta facendo – tenendo presenti dei valori di riferimento – e accettare la sfida, la posta in gioco, appunto.

La scrittura è allora un bisogno, un gesto di continuo lavoro dell’autore su se stesso: “Non ci dobbiamo accontentare, dobbiamo pensare storie al massimo delle nostre capacità, visualizzandole e mettendoci nei panni del pubblico”. Il messaggio di Garello alle giovani promesse del master è dunque un invito a cuore aperto ad accettare con coraggio la sfida della scrittura.

Edoardo Esposito
Mirko Cipriano