“Sono dell’idea che nella vita non bisogna ostinarsi a fare un’unica cosa. Da quando ho cominciato ho lavorato a progetti diversi tra loro e oggi è ancora più importante questa versatilità. Con la DeAgostini, in dieci anni di lavoro, ho girato 36 documentari in giro per il mondo. Adesso questi tempi sono impensabili, quasi improponibili.” Così, Aldo Zappalà, autore e produttore cinetelevisivo, introduce agli allievi del master la sua lezione.
Lo scorso anno i masteristi hanno realizzato con Zappalà una fiction mentre, quest’anno,  dice entusiasta il docente, “vi propongo qualcosa di più innovativo: VR360, un nuovo formato possibile di output del prodotto. Oggi i social conferiscono un immenso valore aggiunto, si può diventare virali e noi dobbiamo puntare proprio su questo”.

Sperimentare con nuove apparecchiature può portare con sé ostacoli a cui non ancora è stata trovata una soluzione. “Tra i problemi del VR360 per esempio vi è l’assenza della quarta parete. Ricondurre lo spettatore all’inquadratura su cui il regista vuole cada l’attenzione non è impresa da poco; con l’esperienza maturata durante un documentario per l’ANAS ho capito però che ciò che conta è la simulazione dell’esperienza di visitare un posto”.
Lavorare in questo mondo inedito prevede uno svolgimento del tutto differente rispetto alle tradizionali riprese. “Dal tablet al visore le modalità di visione cambiano dunque è necessario saper sviluppare il progetto in maniera adeguata al device. Il nostro scopo – spiega il docente – è proprio quello di riuscire a capire come inserire un filone narrativo alla visuale 360° perchè, nonostante sia estremamente coinvolgente, l’immersione di lunga durata genera nello spettatore una sensazione di nausea; è necessario dunque creare nella visuale situazioni in cui si tende a seguire gli oggetti in movimento, guidati da stacchi frequenti e dall’audio, che non può che essere un elemento diegetico”.

 

di Maria Casillo

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