gpCome scrivere un’idea per un documentario?
Chiediamolo direttamente a Gianfranco Pannone, affezionato docente di MCT del Suor Orsola Benincasa.
“Lancio spesso questa sfida agli allievi” – così introduce la lezione il regista napoletano – “Raccontare quello che è inanimato e fermo, anche i muri devono avere un significato!”
Come ben possiamo immaginare, il documentario è un genere televisivo molto particolare, in cui gli elementi narrativi ed espressivi sono colti dalla realtà e non costruiti artificiosamente come avviene nella finzione.

Tutto è basato sulla visione soggettiva del regista rispetto all’argomento di cui tratterà l’audiovisivo. La caratteristica forse più bizzara è proprio quella di non avere la certezza, se non la sola probabilità, di quello che sta per accadere, a differenza degli altri generi in cui la narrazione è costruita a priori.
“Bisogna innanzitutto eseguire il sopralluogo” – continua Pannone – “Dopodiché, la cosa migliore è scrivere un soggetto e una nota di regia in cui si descrive, in maniera chiara, l’approccio visivo che si vuole adottare rispetto alla materia del reale.”

Ma davvero il documentario non segue un copione scritto? Forse una minima costruzione dei fatti esiste, ma poiché i nostri protagonisti sono testimoni, e non attori, nulla deve sembrare surreale. Il docente tende spesso a precisare la particolarità di questo genere, dove ogni piccolo dettaglio deve essere curato al meglio, perfino il suono dei passi o il rumore di un oggetto, devono sembrare verosimili. Inoltre, per costruire il proprio racconto e renderlo in un certo senso personalizzato, il regista deve tenere conto delle scelte espressive, come la limitazione del campo visivo, le inquadrature, le riprese e il montaggio, così da differenziare un documentario da un altro.

Alla fine della lezione Pannone invita i suoi allievi ad un esercitazione molto simpatica: girare un documentario nelle variegate location del Suor Orsola Benincasa.

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